Il disco rigido è senz’altro uno dei componenti più importanti che si trovano all’interno del PC.
Al contrario di processori e schede video, che possono avere una vita piuttosto breve vista la velocità con la quale modelli e versioni sempre più potenti si affacciano sul mercato, il disco rigido è una periferica che può accompagnarci per molti anni.
Al momento del suo acquisto, è bene, pertanto, fermarsi a riflettere per un attimo su quale possa essere la soluzione migliore per le nostre esigenze, e adottare il prodotto con il rapporto qualità-prezzo più confacente all’utilizzo del proprio PC.
Dal punto di vista della capacità, al giorno d’oggi, non esistono problemi: il taglio minimo acquistabile, 10 Gb circa, è sicuramente sovrabbondante per le esigenze di qualunque utente non professionale. La discriminante, quindi, è la velocità.
Oggi è possibile comprare dischi rigidi estremamente veloci a prezzi interessantissimi…
l’importante è informarsi, all’atto dell’acquisto del PC, sui modelli che il rivenditore propone.
Spesso spendendo qualche euro in più, si può fare di un “PC qualunque” una “macchina di fascia alta”.
Eide o SCSI? Il principale elemento sulla base del quale si distinguono i dischi fissi, è il tipo di bus che utilizzano. Il “bus” altro non è che un canale lungo il quale vengono trasferiti i dati, da una periferica all’altra, da una periferica al processore, dal processore alla memoria e via dicendo. Esistono pertanto diversi tipi di bus. In particolare, i bus che collegano i dispositivi di memorizzazione (ma non solo quelli) al sistema sono i cosiddetti SCSI ed IDE/EIDE, dove il secondo è più comunemente utilizzato del primo.
A complicare un po’ di più le cose, interviene il fatto che ciascuna di queste due tipologie di “canali di comunicazione” presenta dei sottoinsiemi, versioni diverse del medesimo standard. Tutti i PC venduti al giorno d’oggi presentano, integrato sulla scheda madre, il controller dedicato alla gestione di un massimo di quattro unità di memorizzazione EIDE. Questo significa che, senza spendere un Euro in più di quanto necessario all’acquisto dell’unità stessa, potremo dotarci del disco rigido più veloce aderente a questo standard: non ci è richiesto nessun altro hardware complementare.
La tecnologia EIDE, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante dal punto di vista delle prestazioni. Con l’adozione dello standard UDMA 33 e UDMA 66 è stato possibile realizzare, per esempio, masterizzatori – che come noto, richiedono un flusso di dati privo della benchè minima interruzione – assolutamente affidabili; gli stessi dischi fissi IDE di ultima generazione possono essere utilizzati per attività di acquisizione e manipolazione di filmati digitali, operazioni un tempo possibili sono utilizzando i ben più costosi dischi SCSI.
Per l’utilizzatore occasionale, per l’utente “tipo” di un PC moderno, l’interfaccia EIDE può essere quindi una buona soluzione: non richiede l’acquisto di un controller dedicato, è semplice da configurare, i dischi sono economici e le prestazioni di tutto rispetto. Di contro, i professionisti e gli utenti più esperti sappiano che la ha molte frecce al suo arco: anche se, in quanto a velocità pura, i nuovi dischi IDE possono arrivare quasi a competere con i dischi SCSI, esistono soluzioni tecniche che possono rendere l’adozione di questa tecnologia davvero irrinunciabile ancora oggi, nonostante il prezzo elevato di controller e periferiche.
Al contrario di quello EIDE, infatti, il bus SCSI permette la connessione simultanea di un gran numero di periferiche, non tutte necessariamente dedicate all’archiviazione dati, come scanner piani e/o per diapositive di livello professionale. Quello che ancora oggi rende vincente il bus SCSI – in un’ipotetica classifica assoluta – è il “modo” con il quale permette al computer di dialogare con le periferiche: al contrario del bus EIDE, che può leggere solo da un’unità per volta – e che, per farlo, impegna in maniera massiccia le risorse del processore centrale – il canale SCSI è in grado di accedere in lettura e scrittura a più unità contemporaneamente.
E questo grazie all’apposita scheda controller che vanta un chip di gestione potente e versatile.
I vantaggi di questa soluzione sono ovvi.
Dovete copiare un CD-ROM “al volo”?
Nessun patema: se utilizzando dischi EIDE siete costretti a disabilitare anche il salvaschermo ed evitare di utilizzare il PC – pena il rischio di un buffer underrun e del conseguente lancio del CD vergine nella pattumiera – con SCSI potrete stare molto più tranquilli, senza il timore che il processore si prenda una pausa di riflessione… Chiaramente non vi consiglieremo di affrontare una partita su Internet a Quake III Arena o di realizzare un modello grafico in 3D durante una sessione di masterizzazione, ma, in generale, sarà possibile continuare a usare il computer in modo normale senza correre il rischio di sprecare il prezioso supporto ottico in corso di lavorazione.
I vari produttori di dischi rigidi propongono prodotti ormai praticamente identici dal punto di vista costruttivo, che differiscono solamente nella “logica di gestione” e nell’interfacciamento con il resto del PC. Dal punto di vista della velocità pura del disco, quindi, le differenze sono minime. Quello che gioca a favore degli SCSI, come detto, è la logica di trasmissione più avanzata e, in genere, un quantitativo di memoria tampone più elevato, tutte cose che contribuiscono a rendere un disco SCSI più veloce ed efficiente di uno EIDE, anche se, di base, il disco è fisicamente lo stesso. In linea di massima a “comprare SCSI” non si sbaglia mai.
I dischi EIDE, è vero, sono più economici da produrre e sono molto più facili da installare e configurare tuttora. I dischi SCSI sono dispositivi pensati per essere all’avanguardia dal punto di vista delle prestazioni e dell’affidabilità, ma sono decisamente più costosi e la configurazione della “catena SCSI” non è assolutamente intuitiva.
I dischi SCSI, quindi, sono consigliati certamente ai professionisti o a chi necessita di prestazioni molto elevate, magari in “configurazione mirror” per minimizzare il rischio di perdita di dati.
Grazie al basso utilizzo del processore centrale e alla grande velocità di trasferimento, i dischi SCSI sono praticamente lo standard per quanto riguarda il mercato dei server, ossia di quei computer che costituiscono i nodi delle reti telematiche (Internet inclusa) ai quali numerosi utenti accedono continuamente per prelevare o memorizzare dati. Ogni utente può facilmente reperire sul mercato il disco rigido che gli serve. Difficilmente un utilizzatore casalingo “medio” avrà bisogno di un disco SCSI, viste le prestazioni offerte dai dischi EIDE odierni.
Chi però è interessato ad applicazioni che possono realmente avvantaggiarsi di dischi rigidi particolarmente affidabili (per esempio montaggi video o “hard disk recording”, ossia la registrazione diretta di audio su disco fisso per la produzione di clip musicali), allora dovrebbe soffermarsi a riflettere: se è vero che un sistema SCSI costa molto di più di un veloce disco rigido EIDE è anche vero che l’investimento, col tempo, si ripagherà con gli interessi. La grande espandibilità del sistema SCSI, inoltre, rappresenterà un valore aggiunto non indifferente.
Schede SCSI Una volta che si è presa la decisione di acquistare periferiche aderenti allo standard SCSI, la scelta del controller è il primo problema da affrontare. Per le elevate prestazioni dei suoi prodotti, per il supporto tecnico e per la loro grande configurabilità, i controller Adaptec hanno ormai raggiunto lo status di “sinonimo” di scheda SCSI.
Costosi, soprattutto nelle versioni più recenti, ma affidabili e veloci, i controller prodotti dalla casa statunitense sono in commercio sia come schede vere e proprie (che potrete quindi aggiungere al vostro PC inserendole in uno slot di espansione ancora libero), sia già integrati sulle piastre madri di vari produttori, (come, per esempio, la sempre verde P2B-S prodotta da Asus). Le schede oggi in commercio supportano anche l’ultima e più veloce tecnologia di trasferimento, quell’UltraSCSI 160, disponibile però solo su dischi estremamente costosi.
Nessuna paura, però: schede di questo tipo sono sempre comunque “retrocompatibili” con le tecnologie precedenti e, spesso, offrono più di un connettore al loro interno così da permettere il collegamento di ogni periferica al canale di trasferimento corretto: sulla medesima scheda troverete, pertanto, sia un connettore per periferiche FAST SCSI 2 che per ULTRA 160 e altre ancora (vedi tabella qui sopra). Il prezzo di un controller per ULTRA 160 si aggira sul milione di lire per la scheda in “versione retail” dotata cioè di scatola, driver di gestione, manuali e cavi di collegamento. Si può risparmiare circa 150 Euro acquistando una versione bulk, senza confezione nè cavetteria.
Attenzione però, i cavi UltraSCSI 160 sono difficili da trovare e molto costosi: un acquisto separato potrebbe perciò rivelarsi meno vantaggioso di quanto non sembri. Per chi, comunque, non volesse dotarsi di un controller di punta, esistono in commercio prodotti validi a prezzi più interessanti: alcuni produttori propongono schede di controllo a partire dalle 100 Euro
Configurare i dispositivi SCSI Come abbiamo visto nell’articolo del Passo a passo “Collegare un secondo hard disk”, installare un disco fisso di tipo EIDE non comporta grossi problemi: basta pazientemente pianificare l’operazione, controllare la configurazione “Master/Slave”, collegare il cavo di connessione e avviare il PC. Nella maggior parte dei casi, dal punto di vista dell’assemblaggio, non occorre altro.
Gli hard disk SCSI richiedono, invece, una procedura di installazione un po’ più complicata. A ogni unità connessa alla catena (ossia all’insieme di tutte le periferiche SCSI collegate al computer, che siano dedicate alla memorizzazione dei dati o ad altro) deve infatti essere attribuito un identificativo numerico, un valore che varia da 0 a 15.
Anche la scheda controller deve disporre di un suo numero identificativo che, solitamente, è il 7. La catena SCSI, poi, deve essere correttamente “terminata”: alla prima delle due estremità del cavo SCSI che collega tra loro in cascata tutte le periferiche che utilizzano questo bus deve essere sistemata una resistenza che indica “la fine della catena”.
Questa funzionalità è generalmente integrata nelle unità connesse al cavo e basta chiudere un ponticello per attivarla.
Anche l’assegnazione degli identificativi delle periferiche SCSI interne (come, appunto, i dischi fissi) si effettua tramite un sistema di ponticelli. La connessione delle periferiche sul cavo SCSI è comunque indipendente dal numero di identificazione e quindi non è necessario collegare le unità lungo il cavo seguendo l’ordine degli identificativi.
In altre parole, il disco fisso individuato dal numero 1 può essere collegato anche alla posizione 6 del cavo SCSI. È opportuno ricordare che anche la scheda controller viene vista come un’unità SCSI e che, quindi, come tale va considerata anche sotto il profilo della sua “terminazione”. Vediamo allora nel dettaglio come installare un disco fisso SCSI nella scheda pubblicata nelle pagine seguenti.