Che senso ha avere un computer pulito “dentro” ma sporco fuori? Se chiavi di Registro superflue e file spazzatura sono sistemati, è arrivato il momento di utilizzare prodotti per rimuovere la polvere e lo sporco accumulati,con l’uso e con il tempo, su PC,tastiera e mouse. E non si tratta solo di una questione estetica…
Sicuramente il 99% di voi, dopo avere utilizzato la toiletta si lava accuratamente le mani. Molto probabilmente, però, non vi fate troppi scrupoli a passare dalla tastiera del PC a uno spuntino, senza passare per una saponetta.
Eppure, secondo una ricerca condotta dall’équipe del professor Charles P. Gerba dell’Università dell’Arizona, i telefoni, le tastiere e i mouse in genere sono molto più sporchi del water.
Incredibile ma vero. Questo studio, ha stabilito che la carica batterica media per pollice quadrato presente sul sedile di un wc è pari a 49, quella di un mouse è di 1.676, mentre una tastiera si aggiudica un bel 3.295. Il primato della sporcizia spetta però al telefono, con 25.127 “abitanti” per pollice quadrato, fra batteri e microbi. ppure, ancora oggi, la gran parte degli italiani che possiedono un PC si guarda bene dal pulirlo regolarmente.
La pulizia esterna del computer
Le cause di tanti parassiti e nemici dell’igiene annidate in una tastiera o in un mouse? Prima di tutto, il cibo: molti hanno l’abitudine di sgranocchiare qualcosa mentre scrivono, giocano o lavorano, con relativa caduta di briciole e residui. Poi i trucchi e le creme: si attaccano ai tasti e diventano un vero collante per lo sporco. Poi pezzetti di corpo che abbandonano costantemente la propria patria per un interstizio tra i tasti: capelli, peli, forfora, cellule morte della pelle, sudore, unto…
Abbastanza disgustoso, non c’è che dire.
Problema di cultura Eppure basterebbe utilizzare un detergente specifici, o addirittura uno dei tanti kit pronti che oggi sono presenti in molti punti vendita…
E allora?
A sentire Riccardo Bologna, amministratore di TX Italia, società che importa dalla Svizzera e distribuisce in Italia il prodotto per la pulizia Cyber Clean, c’è un problema soprattutto di informazione: “Un’analisi condotta in Germania ci ha dimostrato che il 60% dei consumatori è disposto a comprare prodotti per pulizia, ma solo una volta che ne viene a conoscenza. La questione è legata anche ai periodi storici. Attualmente gli allarmi sulle pandemie hanno sensibilizzato il pubblico.
Resta il fatto che, nel mercato dell’utenza casalinga, è già un successo se la tastiera viene pulita una volta ogni sei mesi. Diverso il discorso negli uffici, dove la vita in comunità e la promiscuità possono aiutare a diffondere maggiormente una cultura del pulito.
Pulito che vuol dire igiene, ma anche estetica”. Se alla base non ci fossero moventi più seri, dovrebbe bastare la vista di un monitor pieno di macchie e ditate, di un mouse e di una tastiera anneriti dall’uso, con la polvere a vista, a convincere anche i più recalcitranti a dare una bella lucidata al computer. Ma perché (ecco il nostro tormentone) non si esegue regolarmente questa semplice pulizia, quando magari invece ci si affanna tanto a spolverare mobili e mobiletti e a lucidare i pavimenti? È ancora Bologna a spiegare che in questo mercato mancano i prodotti, manca la marca, manca l’innovazione.
“Un marketing corretto può fare la differenza. Tanto più che, in periodi di crisi, la gente cambia meno volentieri le attrezzature domestiche e tende a farle durare di più”. Ed è proprio a colpi di marketing e mediante espositori a isola, dai colori vivaci, che Cyber Clean, una sorta di gomma da infilare negli spazi più nascosti per asportare lo sporco (si veda il riquadro a pagina 70), è schizzato già sui 100.000 pezzi al mese (50% destinati al mercato dell’auto), con vendite che per giunta presentano interessanti tassi evolutivi. La reticenza dell’utente medio è in parte acuita dalla scarsità di assortimento che si osserva nella distribuzione.
Il canale di vendita principale, con una quota prossima al 90%, è rappresentato dalla cosiddetta “grande distribuzione”, ossia superfici a selfservice specializzate in elettronica di consumo, oppure ipermercati e centri commerciali. In questi “templi” del commercio moderno l’offerta di articoli per pulire il PC è molto ridotta e, quando va bene, lo spazio dedicato non supera il metro lineare, con un paio di marche di pulitori per monitor LCD, una di salviettine detergenti, un paio di bombolette di aria compressa: troppo poco per attirare l’attenzione. Va detto che le “non marche”, ossia i prodotti generici, sono praticamente assenti, mentre i nomi più diffusi sono Fellowes-Leonardi, , Philips, Hama, Cyber Clean, Allsop, Monster, G&BL. In effetti il cliente dimostra il bisogno di un nome rilevante, in quanto è diffidente verso i prodotti generici che, teme, potrebbero rovinare il PC. E non è detto che abbia tutti i torti…
Nell’ambito della rilevazione, è stata monitorata per 30 giorni una singola tastiera scelta a caso in un tipico ufficio londinese. Dopo un mese, nella tastiera si erano accumulati circa 2 grammi di “materiale”. Il 56% era costituito da briciole di prodotti da forno secchi (biscotti e similari), il 15% da corn flakes provenienti da snack, 7% di pasta di tipo asiatico (“noodles”), 4% di fibre di verdure, 1% di foglie, 1% di spillette da puntatrice, 1% di residui di matita temperata, seguivano “insetti” e “capelli”… Sulla base del materiale trovato nella tastiera di riferimento, è stato calcolato che gli utenti informatici inglesi dell’epoca accumulavano ogni anno circa 320 quintali di immondizia nelle loro keyboard.