Una delle caratteristiche più importanti di uno scanner è la sua capacità di acquisire immagini con una certa profondità di colore. Di solito questa viene espressa con un numero di bit. Le capacità più comuni sono 24 bit, 30 bit e 36 bit.
Tutto questo sembra un po’ oscuro e complicato, ma in realtà è abbastanza semplice. I bit a cui ci si riferisce sono la quantità di uno e di zero digitali usati per registrare il colore di ogni pixel dell’immagine. Più bit sono disponibili, più colori lo scanner riesce a “vedere”.
Ma fate attenzione ai trucchi: molti scanner che dichiarano di acquisire immagini a 30 o 36 bit in realtà vedono solo 24 bit e aggiungono gli altri dopo la scansione, aiutati dal software. In ogni caso, se avete uno scanner in grado di gestire una profondità di colore maggiore di 24 bit, avrete bisogno anche di un software professionale, come Adobe Photoshop, per visualizzare e modificare correttamente le immagini.
Le case costruttrici di scanner spesso sono ansiose di pubblicizzare la massima risoluzione in Dpi dei propri prodotti. Dpi significa Dot Per Inch, cioè punti per pollice ed è l’unità di misura della quantità di dettagli che uno scanner può importare. Se fate attenzione, spesso sulle confezioni vengono riportate due tipi di risoluzione: risoluzione ottica e interpolata.
La prima è l’effettiva capacità fisica di uno scanner di leggere l’immagine che sta importando. Con la risoluzione interpolata, lo scanner provvede ad aumentare artificialmente il numero di punti dell’immagine, tentando di “indovinare” quelli che aggiunge, aiutato dal software. In altre parole, la risoluzione interpolata serve a poco, perché non aggiunge nessuna informazione in più e produce immagini enormemente più grandi.
Non basatevi sulla risoluzione interpolata per decidere l’acquisto del vostro scanner: un onesto scanner con una risoluzione interpolata di “soli” 2400 Dpi potrebbe produrre risultati migliori di uno scanner mediocre che viene pubblicizzato con una risoluzione interpolata di 9600 Dpi.